Henri Cartier-Bresson

To take a photograph means to recognize, simultaneously and within a fraction of a second‚ both the fact itself and the rigorous organization of visually perceived forms that give it meaning.
It is putting one‚ head, one‚ eye, and one‚ heart on the same axis.
Henri Cartier-Bresson

Non avrei mai pensato che mi sarebbe piaciuto condividere un caffè con Henri Cartier-Bresson, forse perché fino ad ora non avevo avuto l’opportunità di osservare da vicino parte della sua opera. È stato proprio questo il sentimento che ho provato uscendo dalla mostra organizzata dalla Fondazione Mapfre in occasione del 20º anniversario della sua morte.
Tutti sappiamo che Henri Cartier-Bresson è stato uno dei fotografi più importanti nella storia della fotografia del XX secolo, sì, ma non solo perché è stato uno dei fondatori dell’Agenzia Magnum (insieme a Robert Capa, David Seymour “Chim”, George Rodger, Bill Vandivert, Maria Eisner e Rita Vandivert), ma anche perché è stato un fotografo molto prolifico. Le sue prime fotografie erano influenzate dal surrealismo, e divenne uno dei grandi del fotogiornalismo della sua epoca. Successivamente, nell’ultima fase della sua vita, si distinse anche per lo stile intimo dei ritratti che realizzò di molti artisti e scrittori con cui entrò in contatto.
Credo che nell’arte, per raggiungere una linea molto fine e delicata, si debba lottare molto e imparare a sbagliarsi frequentemente, per poter provare diverse tecniche prima di trovare “quella foto” che fa innamorare il pubblico esperto ed esigente al primo colpo. Quando guardo le fotografie di Henri Cartier-Bresson lungo la sua vita, mi rendo conto che le fotografie della sua fase finale sono forse le più riuscite, le più profonde e quelle che più catturano la mia attenzione, il mio amore e la mia ammirazione. Personalmente, mi piace della sua fotografia la composizione, ma anche la visione realistica del fotogiornalismo, quella che ci trasporta nella immediata autenticità del momento.

Arthur Miller, quartiere di Roxbury, Boston, USA. Ottobre 1962, copia degli anni ’70. Copia tratta dalla fotografia di Henri Cartier-Bresson. Foto della mostra «Watch Watch Watch» organizzata dalla Fondazione KBR Mapfre – Barcelona Photo Center.

Mi restano impresse le fotografie degli sguardi delle prostitute messicane attraverso le finestre, la grande affluenza di gente al funerale di Gandhi, o i bambini dell’epoca che giocano per le strade di Valencia; sono alcune delle immagini che mi hanno colpito di più della mostra sul suo periodo da fotogiornalista. Ma tra tutte le foto che ho visto in questa mostra, forse l’ultima sala, dedicata ai ritratti dei suoi amici, è quella che mi ha impressionato di più. In questa sala ci sono ritratti di figure tanto venerate quanto lui, come fotografo, e mi incanta la foto di Arthur Miller, ma anche lo sguardo vivace di Simone de Beauvoir, o la posa intellettuale di Jean-Paul Sartre e persino la giovinezza di Truman Capote. Ed è allora che penso: che peccato non aver potuto incontrare di persona un fotografo come lui, quante storie autentiche ed emozionanti mi avrebbe raccontato, e che ora possiamo immaginare attraverso le sue fotografie.

 

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